Propaganda o informazione? Il Decreto Rilancio “premia” le emittenti che trasmetteranno spot sull’emergenza sanitaria

Propaganda o informazione? Il Decreto Rilancio “premia” le emittenti che trasmetteranno spot sull’emergenza sanitaria

Politics Journalism

Nutrire i giornalisti di notizie preconfezionate

Esiste una regola aurea dell’ingegneria sociale che insegna a nutrire i giornalisti di notizie preconfezionate: l’inondazione di informazioni serve, da una lato, a distrarre i giornalisti da notizie che potrebbero risultare scottanti, dall’altro ad abituarli a dipendere o addirittura a sottostare a certe dinamiche e a specifiche linee editoriali.

Ogni redazione giornalistica fa infatti ricorso alle notizie preconfezionate, in misura più o meno importante a seconda del proprio numero di collaboratori e del tempo a disposizione da dedicare alla ricerca di informazioni. Dalle redazioni locali in poi, sono sempre più numerosi i giornalisti che, per mancanza di tempo e non necessariamente con malizia, utilizzano del materiale “preconfezionato” per loro da spin doctors  o da uffici stampa (pensiamo alle cartelle stampa che vengono copiate come se fossero agenzie di stampa), utilizzando persino materiale audio-video già montato. Anche per questo motivo, le notizie che leggiamo o ascoltiamo sono quasi sempre le stesse e trattate in modo simile (soprattutto in TV).

Il linguista George Lakoff ha spiegato dalle colonne del «Guardian» come gli esperti di marketing e i pubblicitari conoscano bene questi meccanismi nel campo della comunicazione, mentre la maggior parte dei giornalisti non sa come distinguere né affrontare i tentativi di manipolazione.

 

Il Decreto Rilancio e il Fondo per emergenze alle emittenti locali

Ora, qualcosa di molto simile avviene con il D.L. 34/2020 (cd. “Decreto Rilancio”) che ha previsto all’art. 195, rubricato “Fondo per emergenze alle emittenti locali”, un contributo straordinario per i servizi informativi connessi alla diffusione del contagio da Covid-19.

Il decreto prevede lo stanziamento di 50 milioni di euro per l’erogazione di un contributo straordinario in favore delle emittenti radiotelevisive locali (quindi spot) che si impegnano a trasmettere messaggi di comunicazione istituzionale relativi all’emergenza sanitaria all’interno dei propri spazi informativi.

Possiamo immaginare come molti editori, pur di accedere a questi finanziamenti, arriveranno ad accettare di trasmettere gli spot istituzionali e ad allineare la propria linea editoriale su una versione filo-governativa. Ciò a propria volta porterà a plasmare l’opinione pubblica orientando il consenso nella direzione prestabilita dall’alto (in questo caso dal Governo).

L’informazione di massa che si diffonde tramite i media mainstream e che beneficia di investimenti è costretta a sottostare a specifiche linee editoriali e alla volontà (o al capriccio) degli sponsor. Inclusa, ovviamente, la censura che in questi mesi si fa sempre più spietata (pensiamo anche ai casi di boicottaggio dell’informazione indipendente, ultimi, solo in ordine di tempo, i casi di Vox Italia TV e Border Nights che si sono visti demonetizzati i propri canale, la censura del nuovo canale TV di Comedonchisciotte e il blocco di due settimane del canale YouTube de “Il Vaso di Pandora“).

 

L’informazione mainstream e il principio di autorità

Complice la strumentalizzazione dell’emergenza sanitaria e una narrativa basata sulla paura e la psicosi, l’informazione mainstream si è arroccata sul pensiero unico e ha cercato di investirsi nell’ultimo anno della esclusività di essere l’unica detentrice della verità, facendo leva sul principio di autorità (avete presente lo spot sui fantomatici “professionisti dell’informazione”?).

Un’assurdità in quanto proprio i media di massa hanno negli anni divulgato, e continuano a farlo, innumerevoli fake news ricorrendo anche tecniche di ingegneria sociale e all’utilizzo di fallacie per inibire il confronto e denigrare l’informazione indipendente o chi non condivida il pensiero unico.

Perché se da un lato il web è pieno di bufale e notizie assurde, dall’altra anche TV, radio e quotidiani prendono sonore cantonate facendo da cassa di risonanza della linea governativa, in questo plasmando e manipolando l’opinione pubblica attraverso la paura ed emozioni che vadano a colpire l’immaginario e la “pancia” delle persone, diventando spesso indistinguibili dalla propaganda.

 

La battaglia contro le fake news

La polemica sulle fake news e sulla post-verità ha come obiettivo non di garantire una informazione migliore, ma un’informazione certificata: solo le notizie con il bollino saranno considerate autorevoli e degne di essere divulgate. Tutte le altre potranno essere addirittura espulse dal web e con il pretesto delle fake news si potranno oscurare pagine social di pensatori scomodi o di blogger non mainstream, introducendo di fatto la censura (da qui la creazione di task force sulle fake news e la Commissione parlamentare d’inchiesta).

L’attuale battaglia contro le cosiddette fake news sembra infatti riecheggiare l’operato del Miniver orwelliano e sembra riproporre una nuova forma di Maccartismo 2.0: si tratta cioè di una articolata caccia alla streghe che ha come obiettivo la repressione del dissenso. Essa strumentalizza il dilagare di bufale sul web per portare all’approvazione di una censura della Rete arrivando a ipotizzare l’introduzione del reato d’opinione, una forma moderna di psicoreato.

La sensazione è che la verità dei fatti sia sempre più labile, persino virtuale e illusoria e che quindi i cittadini sempre più confusi e spaesati debbano affidarsi a un organo governativo auto-dichiaratosi affidabile per essere informati nella maniera corretta, diffidando di qualunque informazione “alternativa” venga ad esempio dal web.

L’intento è quello di screditare la verità, presentandola come un “grande racconto” al quale non si può più credere. Tutto diventa “relativo”, virtuale se non fosse che a vigilare sulla “verità” ci sono i governi e i media mainstream.

I ricercatori che si pongono al di fuori di questa sfera, come anticipato, vengono bollati come inaffidabili e menzogneri (complottisti, negazionisti, ecc.), soprattutto se il loro obiettivo è mostrare un altro “lato” della storia o denunciare ciò che i governi vogliono invece insabbiare.

Lo scopo è quello di continuare a manipolare l’opinione pubblica e in particolare coloro che sono considerati “semplici spettatori”, ossia quel gregge (i cittadini) che va orientato nelle proprie scelte in modo che non si svegli e soprattutto che non esprima il proprio pensiero in modo libero e critico.

 

L’informazione ai tempi del Covid

Paradossalmente, però, proprio durante la pandemia, l’informazione di massa è stata contraddittoria, contrastante, a tratti virtuale e ha fallito nel suo intento di fornire notizie obiettive, quanto semmai è diventata una sorta di cassa di risonanza della propaganda, terrorizzando e confondendo i cittadini, alimentando una politica della paura, del sospetto e della psicosi.

L’informazione, sempre più spettacolarizzata, fatica a volte a essere credibile, proprio perché sembra avere abbandonato l’obiettività e la ricerca della verità per sottostare a specifiche linee editoriali o semplicemente per fare ascolti, acchiappare qualche click o vendere qualche copia in più di un quotidiano.

In questo caso, anche i giornalisti si sono trovati a dover rincorrere notizie confuse e contradditorie emanate dagli organi ufficiali: essendo divenuti tutti “esperti” ma essendo tutti in contraddizione tra loro, si è faticato a ricostruire e a diffondere una corretta informazione.

Quando si aprono i cancelli dell’informazione, dall’alto le notizie scendono a cascata su tutti i media internazionali. Se queste informazioni alla base sono errate o contrastanti, o addirittura sono state volutamente manipolate, ciò si riverserà su tutto il sistema mediatico.

Se il cittadino rischia di non capire nulla non è da meno il giornalista che si trova a dibattersi in un mare di dati e notizie contrastanti. Una maggiore trasparenza e obiettività gioverebbe a tutti e in primo luogo all’informazione e alla ricerca della verità.

 

Il ruolo del giornalismo (e del nostro progetto)

In questo scenario, che ruolo può, deve, avere ancora il giornalismo?

Il giornalismo, sia esso indipendente o di massa, continuerà a essere fondamentale, per orientarci in quel mare delle fonti e delle notizie che rischia quotidianamente di soverchiarci, ma dovremmo essere noi ad affinare le nostre capacità di discernimento e di senso critico per immunizzarci dalla disinformazione che non proviene soltanto dal web ma, come abbiamo visto, anche dai media di massa.

Tutti noi, professionisti, ricercatori, persone comuni, dovremmo tornare a esercitare la coscienza critica e il dubbio. Dovremmo tornare a rileggere e a meditare sulle parole dei grandi giornalisti, che hanno dedicato la loro vita alla ricerca della verità, senza mai piegarsi a interessi di parte, senza mai prendere scorciatoie, senza mai genuflettersi al potere.

Il progetto di questo sito si inserisce proprio in questa direzione: la verifica dei fatti e la denuncia della falsificazione da parte dei quei professionisti che dovrebbero vigilare sulla verità e che invece, troppo spesso, si fanno passivi agenti di disinformazione e propaganda.

Enrica Perucchietti