“L’italia rinasce con un fiore“: è questo lo slogan scelto per la campagna promozionale della vaccinazione contro il Covid-19. Il fiore adottato è la primula e proprio a forma di primula saranno i 1500 stand installati nelle piazze italiani in cui verranno somministrati i vaccini.
In un recente articolo, pubblicato dallo spin doctor Marco Venturini sulla versione online del Fatto Quotidiano diretta da Peter Gomez, dal titolo “Vaccino Covid, lo spot punta su alcune leve persuasive. Per questo funziona“ viene lodata non solo la campagna comunicativa del governo basata sul simbolo della primula ma si suggerisce di indossare questo fiore sugli indumenti in modo da contraddistinguere coloro che si sono vaccinati, ricorrendo così a “una tecnica usata spesso anche dalle fondazioni che lanciano iniziative a sostegno della ricerca scientifica contro certe malattie”.
I motivi, suggeriti da Venturini per avallare questa proposta sono tre. Egli parla esplicitamente di “leve persuasive” per plasmare l’opinione pubblica e spingere i cittadini a vaccinarsi.
Si tratta cioè di tecniche basate sulla persuasione per influenzare il nostro comportamento. La maggior parte delle leve di persuasione hanno aspetti e caratteristiche comuni. Le principali sono la potenza e la meccanicità: esse influenzano le nostre decisioni in modo efficace e automatico.
Esse sono:
- contrasto
- reciprocità
- simpatia
- autorità
- scarsità
- coerenza/impegno
- riprova sociale.
Lo stesso Venturini nel suo articolo spiega che le prime due leve sociali sarebbero la “riprova sociale” e il “passaparola“:
“La prima è la riprova sociale: vedendo che altri hanno aderito alla campagna, siamo più stimolati a fare lo stesso. La seconda è il passaparola: chi vede il tuo nastro (per esempio di colore rosa) potrebbe chiederti, per curiosità, cosa rappresenta. In questo modo la persona che ha sposato la campagna riceverà un facile assist per parlare all’altro della battaglia che sta sostenendo”.
Proseguendo si arriva alla
“terza leva più sottile e allo stesso tempo più efficace nell’obiettivo di convincere molti a vaccinarsi. Se in un luogo pubblico quasi tutti indosseranno la primula – dichiarando così di essersi vaccinati – quelli che non la indosseranno saranno visti meno di buon occhio e verranno isolati. Questo imbarazzo potrebbe spingere molti indecisi a scegliere di vaccinarsi”.
Quello che sta suggerendo esplicitamente l’autore di questo articolo è che indossare il simbolo della primula sui vestiti non solo farebbe scattare un meccanismo di mimesi ma porterebbe anche a escludere socialmente chi dovesse rifiutarsi di farlo e quindi di vaccinarsi.
L’imbarazzo sociale creato dall’esclusione dei “dissidenti” spingerebbe pertanto a convincere gli indecisi a vaccinarsi, per non subire il biasimo collettivo e la ghettizzazione che diversi politici stanno in queste settimane proponendo per impedire a chi non si vaccinerà di accedere a mezzi pubblici, locali, negozi, ecc.
Il simbolo della primula, che si vorrebbe di “rinascita”, rischia così di trasformarsi in una specie di stella gialla al contrario: chi non la indosserà verrà discriminato e perseguitato socialmente, persino escluso dalla collettività.
Nella società del politicamente corretto, la discriminazione viene effettuata grazie all’assenza del segno distintivo, ponendosi esplicitamente come una forma di nazismo progressista.