I Dpcm di Conte? Sono «viziati da molteplici profili di illegittimità».
Lo spiega, nero su bianco, il Tribunale di Roma in una ordinanza di una causa civile del 16 dicembre scorso riguardo un contenzioso in cui è finito un esercizio commerciale da sfrattare per morosità, causa mancato pagamento canoni vista la chiusura imposta dai divieti nell’ambito dell’emergenza sanitaria (causa civile nrg 45986/2020).
Il giudice è arrivato alla conclusione che i Dpcm «siano viziati da violazioni per difetto di motivazione» e «da molteplici profili di illegittimità» e come tali risultano essere “caducabili“, ossia non producono effetti concreti dal punto di vista giurisprudenziale.
I decreti con cui è intervenuto il governo non sono “di natura normativa” ma hanno “natura amministrativa“, quindi dovrebbero fare riferimento a una legge già esistente, cosa che invece i Dpcm non fanno. Nell’ordinanza del Tribunale di Roma leggiamo ora che i Dpcm «hanno imposto una rinnovazione della limitazione dei diritti di libertà» mentre avrebbero richiesto «un ulteriore passaggio in Parlamento diverso» rispetto a quello che si è avuto per la conversione del decreto Io resto a casa e del Cura Italia.
Dal sito La legge per tutti leggiamo:
La motivazione è in alcuni tratti sorprendente: per il giudice i Dpcm adottati dal Governo durante l’emergenza sono illegittimi, in quanto durante il lockdown «hanno limitato i diritti fondamentali previsti dalla Costituzione e dalle convenzioni internazionali» ed anche quelli emanati durante la “Fase 2” sono stati definiti «di dubbia costituzionalità», soprattutto perché non è stato operato «un opportuno bilanciamento tra il diritto fondamentale alla salute e tutti gli altri diritti inviolabili».
Ne consegue che quello lamentato dal conduttore moroso non è un danno dovuto dall’emergenza sanitaria, ma derivante dai provvedimenti adottati dalla Pubblica Amministrazione (e i Dpcm sono atti amministrativi, non normativi) che le parti avrebbero dovuto specificamente impugnare, ma non lo hanno fatto.
Ciò, però, non significa, come inteso e scritto da diverse testate, che i Dpcm del governo siano “incostuzionali” o “illegittimi” in quanto, trattandosi di un’ordinanza, il Tribunale non ha rimesso gli atti alla Corte Costituzionale perché i Dpcm sono degli atti amministravi e come tali può non applicarli senza ricorrere alla Consulta.
Abbiamo interpellato a riguardo l’avv. Stefania Pomaro per avere un suo commento su questa ordinanza:
«Un’interessante pronuncia, che diventa quasi un monito a prendere coscienza del reale valore dei decreti emessi in questi mesi. Il giudice del Tribunale di Roma ha ben riassunto tutti gli aspetti di illegittimità, non solo costituzionale, dei Dpcm emessi dal Governo. L’aspetto più rilevante della sentenza si ritrova nel pensiero del magistrato, il quale sostiene che le problematiche di crisi in senso lato che affliggono moltissime persone e attività produttive non sono derivate dal Covid in sé, bensì dalla regolamentazione di tale situazione effettuata dal Governo tramite i Dpcm, che hanno limitato alcune delle libertà fondamentali, causando DIRETTAMENTE la crisi sopra citata. Dice, ancora, il magistrato in commento, che sono proprio tali Dpcm, illegittimi sotto innumerevoli punti di vista, a dover essere impugnati (finché vigenti), eliminando in radice le conseguenze (negative) che ne sono derivate. Sarebbe giunto, insomma, il momento di agire per la tutela dei propri diritti, come persone e come cittadini».
Conclude l’avv. Pomaro:
«In buona sostanza, per risolvere i problemi derivati dalle limitazioni imposte dal governo, è necessario indirizzare le nostre energie, anziché contro altri cittadini, che sono di fatto nella nostra stessa situazione, nei confronti di chi ha contribuito a causare le ingiustizie odierne, così da generare, in questo modo, un effetto positivo a catena per tutti».
La notizia di questa ordinanza, destinata nuovamente a sollevare polemiche e dibattiti sulla legittimità e costituzionalità dei Dpcm Conte, è però passata inosservata dai media di massa che hanno scelto di ignorarla (fatta eccezione per alcuni quotidiani come Il Giornale, Libero e Open).