I social media si dichiarano sempre più attenti alla tutela degli utenti dalle intimidazioni, dalle discriminazioni e dalle fake news perché, sostengono, vogliono che la rete sia un posto migliore. Vegliano così tanto sulle nostre vite virtuali che sempre più frequentemente, in particolare nell’era Covid, molti account vengono sospesi perché osano esprimere pareri su temi di salute pur non essendo dei medici, o meglio ancora degli “scienziati”. Sono così scrupolosi nel controllo dell’attendibilità delle notizie da gettare dubbi persino sulle dichiarazioni del primo cittadino degli Stati Uniti, come ha fatto Twitter con le dichiarazioni di Trump sulle frodi nelle recenti elezioni americane. D’altronde lo scontro tra Donald Trump e il social network non è certo nuovo, già a maggio 2020 aveva segnalato due post del presidente Usa in merito al rischio di brogli nel voto via posta in California. All’immancabile reazione del tycoon, il ceo Jack Dorsey, personaggio eccentrico della Silicon Valley, noto per il suo look e le sue passioni stravaganti, si era assunto la responsabilità delle proprie azioni, affermando in modo risoluto “Continueremo a segnalare informazioni errate o contestate sulle elezioni a livello globale”.
Se nel caso delle elezioni americane la posizione di Dorsey è quantomeno equivoca, sconfinando in un campo che non dovrebbe competere a un privato cittadino, riguardo alle norme di convivenza da rispettare per utilizzare il social network non sembrano esserci dubbi. Nel sito della piattaforma si parla esplicitamente di “Regole”.
“Lo scopo di Twitter – viene riportato- è facilitare la conversazione pubblica. Violenza, molestie e altri comportamenti di questo genere scoraggiano le persone dall’esprimersi e portano all’impoverimento della conversazione pubblica globale. Abbiamo stabilito le nostre regole per permettere a tutti di partecipare alla conversazione pubblica liberamente e in sicurezza.”[1] Sotto l’argomento “Sicurezza” al primo punto c’è la lotta alla violenza.
“Una sana conversazione è possibile solo quando le persone si sentono protette dagli abusi e non fanno ricorso a un linguaggio violento. Per questo motivo, abbiamo previsto specifiche norme contro le minacce di violenza su Twitter. Con minacce di violenza intendiamo le dichiarazioni che esprimono l’intento di uccidere o infliggere un grave danno fisico a un determinato individuo o gruppo di persone.”
Il social è talmente vigile nella lotta alla violenza da riconoscere e bandire persino battute di spirito e illazioni.
Sembrerebbe dunque un luogo improntato al massimo rispetto e alla pacifica convivenza, in cui sentirsi protetti da un occhio premuroso, sempre vigile e attento.
Cosa fareste, quindi, se riceveste una minaccia, corredata da un’immagine di un pugnale sporco di sangue? Senz’altro vi appellereste al regolamento di Twitter, certi di trovare giustizia. È quanto ho fatto io, ricevendo questo messaggio, da un account piuttosto sospetto, senza immagine del profilo, con nome fittizio, creato da poco e molto ingiurioso.
Fiduciosa nell’applicazione delle regole espresse incontrovertibilmente dal social di Dorbey, ho aspettato un responso, che è arrivato prontamente. Eccolo qui:
Dunque, nulla di irregolare, solo una “sana conversazione” tra persone civili.
Come può Twitter sorvolare su una minaccia così esplicita e inequivocabile? Forse nella sua valutazione incide l’orientamento ideologico della vittima dell’odio? Il dubbio è più che fondato. Nel mentre ho sporto denuncia alla Polizia Postale.
[1] https://help.twitter.com/it/rules-and-policies/twitter-rules.