Archivia 19 Gennaio 2021

Smascherata la bufala del commercialista che diventa un rider “felice”

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Reinventarsi è diventato un obbligo per tutti quei liberi professionisti, imprenditori, artisti o lavoratori nel campo della ristorazione che sono stati licenziati, lasciati a casa o costretti a chiudere la propria attività per colpa della pandemia. Molti si sono reinventati nel campo del food delivery, e pare che solo in Italia si sia arrivati a contare circa 30.000 rider che portano a casa la spesa o la cena in bicicletta o in scooter. Si tratta di lavoratori precari che vivono di consegne a domicilio, alle prese ogni giorno con problemi di sicurezza e diritti violati.

Quando parliamo di Uber, Foodora, Deliveroo, ecc. ci riferiamo a un fenomeno particolare, quello della gig economy. La gig economy (dal termine inglese “gig”, “lavoretto”) è un modello dove le prestazioni lavorative stabili sono azzerate e gli impiegati e i dipendenti a tempo indeterminato praticamente non esistono (molti sono studenti e immigrati). La dimensione sociale del lavoro è azzerata con rilevanti ricadute in termini di esclusione sociale e tutele di welfare.

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Censura e caccia alle streghe: YouTube censura di nuovo Byoblu

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Canali cancellati, profili chiusi, video oscurati, persone a cui viene impedito di commentare o pubblicare. La furia censoria iniziata nel 2020 con l’oscuramento dei contenuti non allineati da parte dei grandi colossi della rete è diventata, in questo inizio 2021, conclamata.

Complice la pandemia che viene strumentalizzata con la creazione di task force sulle fake news fino alla proposta di legittimare disegni di legge contro la disinformazione, i casi di censura si stanno moltiplicando negli ultimi mesi, colpendo sui social, su YouTube, persino sulle piattaforme che ospitano dei blog (come accaduto ad Adriano Colafrancesco che si è visto interdetto l’accesso al suo sito), rendendo evidente come il Potere si avvalga della censura per inibire il diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero e persino di fare informazione.

In questi giorni la censura si è nuovamente abbattuta su Byoblu: YouTube ha bloccato l’emittente – regolarmente registrata come testata in Tribunale, con un direttore responsabile, concessioni ministeriali e la supervisione dell’Agocom – limitandone l’accesso per una settimana. Leggi tutto

Assistenza legale a ristoratori (e clienti) in caso di attacchi dei media per l’iniziativa #ioapro

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Il fondo NoBufale.it ha deciso di sostenere quei ristoratori (e i loro clienti) che, nel corso della disobbedienza civile #IoApro1521, dovessero subire attacchi (diffamazioni ecc) da parte di media locali e/o nazionali.

L’iniziativa, che ha preso il via nei giorni scorsi e secondo gli organizzatori ha già ricevuto oltre 50mila adesioni in tutta Italia, invita i ristoratori a restare aperti a partire da venerdì 15 gennaio, vigilia dell’entrata in vigore del nuovo Dpcm che dovrebbe prevedere misure ancora più restrittive per bar e ristoranti. Secondo il “Decalogo pratico commercianti motivati” (riportato di seguito), gli aderenti alla protesta hanno deciso di aprire i propri locali, nel pieno rispetto delle norme anti Covid.

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Dalla censura social allo psicoreato orwelliano: se Big Tech decide chi può parlare

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Nel breve saggio La libertà di stampa, George Orwell osservava che

«se si incoraggiano i metodi totalitari, può venire il giorno in cui essi saranno usati contro chi li incoraggia, e non più a favore».

Allora era in gioco una «cieca lealtà all’URSS» che, per difendere gli interessi dell’URSS, avrebbe accondisceso non solo a «tollerare la censura, ma anche una deliberata falsificazione della storia».

Sebbene i protagonisti siano cambiati, la situazione sembra essere rimasta la stessa: oggi gli interessi da tutelare sono quelli della tecnocrazia e dell’algocrazia e, complice l’emergenza sanitaria, siamo tornati a mettere in dubbio non solo la libertà di stampa, ma persino la libertà di pensiero.

Da qua la censura che si sta facendo ogni giorno sempre più spietata. Come come luogo preferenziale ha trovato le piattaforme private della Silicon Valley: dopo la sospensione dell’account Twitter di Donald Trump, la limitazione temporanea del quotidiano Libero per “attività sospette” e l’oscuramento della app Parler il mondo della politica, del giornalismo e l’opinione pubblica sembrano spaccati, tra chi plaude queste iniziative  liberticide e anti-democratiche e chi, come Massimo Cacciari ne denuncia la “manifestazione di una crisi radicale dell’idea democratica“.

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Minaccia con pugnale insanguinato? Per Twitter non è violenza

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I social media si dichiarano sempre più attenti alla tutela degli utenti dalle intimidazioni, dalle discriminazioni e dalle fake news perché, sostengono, vogliono che la rete sia un posto migliore. Vegliano così tanto sulle nostre vite virtuali che sempre più frequentemente, in particolare nell’era Covid, molti account vengono sospesi perché osano esprimere pareri su temi di salute pur non essendo dei medici, o meglio ancora degli “scienziati”. Sono così scrupolosi nel controllo dell’attendibilità delle notizie da gettare dubbi persino sulle dichiarazioni del primo cittadino degli Stati Uniti, come ha fatto Twitter con le dichiarazioni di Trump sulle frodi nelle recenti elezioni americane. D’altronde lo scontro tra Donald Trump e il social network non è certo nuovo, già a maggio 2020 aveva segnalato due post del presidente Usa in merito al rischio di brogli nel voto via posta in California. All’immancabile reazione del tycoon, il ceo Jack Dorsey, personaggio eccentrico della Silicon Valley, noto per il suo look e le sue passioni stravaganti, si era assunto la responsabilità delle proprie azioni, affermando in modo risoluto “Continueremo a segnalare informazioni errate o contestate sulle elezioni a livello globale”.

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